
Coteaux champenois: dove ha inizio la magia
I Coteaux Champenois sono i vini del futuro della Champagne?
A nostro avviso sì e lo rivelano anche le proposte di alcuni dei produttori più storici della regione, che stanno incrementando sempre più l’attenzione dai blasonati spumanti ai vini ‘tranquilli’.
Sì, perché di vini fermi si tratta, che abbandonano le bollicine a favore di proposte che si orientano alla sostenibilità e al terroir, sostenute dal clima, ora caldo, della regione.
C’è chi parla di ritorno al vero passato della Champagne, perché i vini fermi di questa regione non sono una novità assoluta, anzi.
Fatto sta che, nel tempo, il metodo Champenoise si è preso la scena assoluta nel mondo, ma ora il ritorno al passato (o la scrittura di un nuovo futuro?) si sta affacciando in questa regione.
Il Comité Champagne ha stimato che la produzione annua di Coteaux Champenois sia di 75.000 bottiglie, poche, ma destinate ad aumentare.
Ma, oltre alla scelta di sperimentare e di produrre vini nuovi, la chiave che ha permesso di spingere la produzione di Coteaux Champenois è climatica.
Fino a qualche anno fa la Champagne era una regione piuttosto complessa dal punto di vista climatico, talvolta ostile, ma con la trilogia di annate calde 2018-2020 le carte in tavola sono cambiate.
I produttori stessi riportano che, con le terre calcaree e il clima giusto, la regione è oggi più simile alla Borgogna di 30 anni fa, un habitat che permette di realizzare ottimi vini rossi e bianchi.
Un processo in evoluzione quindi, perché ancora una volta, sono gli stessi produttori a dichiarare che la regione sta cercando la sua identità definitiva.
Un’identità che ha ben chiaro che i Coteaux Champenois possono essere i vini del futuro, perché non è scritto da nessuna parte che gli i vini della Champagne debbano essere per forza degli spumanti.
L’ostacolo principale? Distinguerli dai vins clairs, i vini fermi da cui nasceranno gli Champagne dopo la seconda fermentazione.
Del resto, se i Coteaux Champenois fossero solo Champagne senza bollicine non gioverebbe a nessuno, per questo i produttori si stanno mettendo in gioco con approcci diversi di coltivazione e di metodologia che, talvolta, chiedono di ‘disimparare’ l’arte delle bollicine.
Coteaux champenois: un tuffo nella storia
Testimonianze di vini fermi nella Champagne risalgono ai romani e, in tempi recenti, al XIX secolo, con le creazioni dei produttori locali come ad esempio Michel Drappier, proprietario della settima generazione della tenuta Drappier nella Côte des Bar, che racconta come suo nonno abbia prodotto vini fermi dal 1808
Nel Medioevo la regione della Champagne era già conosciuta per i suoi vini e, fino al seicento, la produzione interessava solo i rossi. A partire da questo periodo, si sono affacciati i primi vini bianchi, i più famosi ottenuti da uve nere e da considerare come gli ‘antenati’ dei Meunier e Pinot Noir.
Quotati e ricercati, i vini rossi della Champagne hanno tenuto banco fino a metà dell’800, fino a che, come visto, l’industrializzazione della spumantistica ha invertito la rotta.
Ma bisogna sottolineare che la Champagne, in fondo in fondo, non ha mai del tutto abbandonato la tradizione dei vini fermi, probabilmente, per onore e per tradizionalismo.
I Coteaux Champenois sono l’eredità dell’Aoc “Vin Originaire de la Champagne Viticole”, dedicata a i vini senza bollicine, che ha visto la luce nel 1936 come scrive l’esperto di spumanti Samuel Cogliati.
Ma la produzione dei vini fermi non è decollata e i Coteaux Champenois sono rimasti una rarità, nonché una scelta fino a poco tempo fa scarsamente considerata rispetto al fulcro produttivo ed economico dello Champagne.
Ora, come visto, il clima è cambiato, riscoprire tecniche antiche è qualcosa che piace e che sa dare frutto perciò i Coteaux Champenois si sono riaffacciati, forti anche di una considerazione più evoluta dei consumatori.
La riscoperta di questi vini è stata definita come una lettura territoriale del vino, in una regione definita da secoli attorno all’idea di ‘grande marca’.
Cogliati si chiede perché i produttori dovrebbero imbarcarsi in un lavoro difficile e meno redditizio, ovvero lavorare a un progetto che, sulla carta, ha solo svantaggi, per produrre un vino meno abbondante, meno quotato e quindi meno vendibile.
E la risposta si riassume in tre parole, tradizione, orgoglio e passione.
Coteaux champenois: l’esperienza sensoriale da provare
Cogliati si chiede anche perché un consumatore-degustatore dovrebbe essere motivato a orientarsi ai Coteaux Champenois.
La risposta è la curiosità, certamente, ma anche la fisionomia di gusto e olfatto unica, costruita sulla leggerezza di questi vini.
Si tratta di vini poco alcolici e che, in genere, hanno un profilo acido rilevante, eleganti dal punto di vista aromatico e, nell’insieme, complessi, perché vanno lasciati invecchiare diversi anni prima di essere pronti.
Raffinati: i Coteaux Champenois vengono definiti così, ma anche aperti a un futuro che potrà riservare più di una sorpresa ai produttori e, naturalmente, a chi ha e avrà la curiosità di assaggiarli.
Coteaux champenois da provare in Enoteca a Bologna
Ecco le nostre proposte di Coteaux Champenois in enoteca.
CHAMPAGNE FLEURY Courteron, Còte des Bar
- AOC Coteaux Champenoise Blanc ( Pinot Blanc )
- AOC Coteaux Champenoise Rouge ( Pinot Noir )
Siamo a Courteron, nel dipartimento dell’Aube, per un’azienda agricola dalla storia antica.
Nel 1985 Feury pianta, infatti, vigneti di Pinot Noir innestato su piede americano e nel 1929 il figlio Robert è uno dei primi récoltant manipulant della regione, dove produce uno Champagne da uve di proprietà.
Negli anni ‘60 la terza generazione si vota al biologico, per poi passare alla biodinamica.
Oggi le uve vengono trattate solo con preparati biodinamici, zolfo e rame, in un vigneto con preponderanza di Pinot Noir e cenni dei qui rarissimi Chardonnay, Pinot Blanc e Pinot Gris.
I vini nascono da una fermentazione spontanea, vinificati e affinati in tini di acciaio smaltato e botti di rovere, una procedura che si definisce con presa in spuma in bottiglie tappate con sughero e lunga sosta sui lieviti.
DOMAINE VINCEY Oger, Còte des Blancs
- AOC Coteaux Champenoise Blanc ( Chardonnay )
Siamo a Oger, nella Côte de Blancs, dove la famiglia Vincey, composta da vignerons da otto generazioni, trova oggi l’innovazione nell’opera del giovane Quentin, che ha iniziato la conversione in biologico, con l’impostazione naturale dei vigneti, la vinificazione in legni di pregio e l’affinamento “bouchons liège”, il tipico tappo in sughero e graffa
OLIVIER HORIOT Les Riceys
- “En Barmont” Coteaux-Champenoise ( Pinot Noir)
Anche in questo caso una famiglia di vignerons di terza generazione, oggi votata alla biodinamica e intenta a mantenere le diverse varietà champenoise, su tutte il Pinot Noir, ma anche lo Chardonnay, il Meunier e le rare Arbanne, Petit Meslier, Pinot Blanc e Gris.
Le uve vengono raccolte quando raggiungono la maturazione più adeguata e fermentate spontaneamente, una procedura a cui segue l’élevage in legno per un anno e il tirage tardivo.
LELARGE-PUGEOT Vrigny, Montagne de Reims
- AOC Coteaux Champenoise Blanc de Meunier ( Pinot Meunier )
Un Coteaux Champenois che proviene da viti di oltre 50 anni, nate su suoli argillosi e gessosi, lavorate con vendemmia naturale. Le uve vengono fermentate con lieviti indigeni vinificate in bianco e affinate in fût. Frutta fresca, fiori e, ancora una volta, un’acidità vibrante, caratterizzano questa tipologia di vini così particolari.
E infine La promesse del’Aube, un Coteaux Champenois Rouge di L&S Cheurlin che sta per arrivare sugli scaffali della nostra enoteca.
Si tratta di una proposta particolare, realizzata da una casa che vanta una tradizione di vignerons che hanno scritto la storia dello Champagne e che oggi propone questo ‘vino tranquillo’ capace di assumere tratti ancor più originali, grazie ai rimandi di fragola e di frutti rossi.
Insomma, tante belle proposte diverse tra loro e quindi ancor più affascinanti.
Venite a provarli!